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L'Allevamento a stecco (mano) - di Miriam Bisiacchi

Ultimo Aggiornamento: 15/09/2013 22:03
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Sesso: Femminile
02/02/2005 15:22

La mia prima esperienza di allevamento allo stecco risale a due anni fa. All’epoca allevavo Roseicollis da un paio di anni: non è tanto, ma è già qualcosa. Quando ho deciso di provare, sentivo che stavo per assumermi una grossa responsabilità, ma sapevo di poter contare sull’aiuto dell’allevatore e giudice internazionale di Agapornis belga Wessel van der Veen, con cui sono in contatto fin dall’inizio del mio viaggio nel mondo degli Agapornis. Wessel è un gentleman molto disponibile, affidabile e preciso e in caso di problemi è a lui che mi rivolgo per un consiglio.
Per prima cosa mi mi sono preparata chiedendo informazioni a Wessel e ad un’allevatrice americana, che dell’allevamento allo stecco ha fatto una professione (si serve di un bel sito per farsi conoscere, alleva a mano pappagallini su prenotazione, suo marito costruisce trasportini e li spedisce dovunque via aerea) e leggendo alcune indicazioni su un sito americano.
I miei primi bimbi allevati allo stecco furono Piggy, Ducky, Kiwi, Cocò e Paco.

Piggy e Ducky vivono con me, gli altri hanno trovato una buona famiglia. E’ più forte di me: devo essere certa che i miei pappagallini vadano a vivere in un ambiente adatto a loro e circondati d’amore, presso persone disposte a dar loro tutto quello di cui hanno bisogno. Se fiuto odore di superficialità, non li cedo, ma quando trovo la persona giusta per ogni pappino, mi fa piacere restare a disposizione per qualsiasi consiglio, anche perché adoro avere loro notizie e sapere che stanno bene. Fino ad oggi, coloro che hanno preso uno dei miei pappagallini allevati a mano si sono dichiarati entusiasti e quasi tutti, dopo qualche mese, hanno prenotato un compagno.
Adesso ho numerose richieste per coppiette addomesticate; la gente ha cominciato ad accettare il fatto che un pappagallino solitario non è l’unica soluzione per avere un compagno simpatico ed affettuoso.
L’esperienza diretta mi ha insegnato che perfino un piccolo stormo può interagire con l’ umano in modo veramente divertente e creativo.
Un pappagallino addomesticato è come se avesse una marcia in più: se stimolato, riesce ad imparare delle cose straordinarie. C’è Otto che “pettina” il cane di famiglia (un esemplare molto paziente e sicuramente non un cane da caccia….il bassotto della mia amica ha divorato le Roselle che stava allevando allo stecco!) e gioca a “chi arriva prima” quando lanciano la pallina al peloso, mentre Attila pretende che la sua Anna gli offra una tagliatella condita con una goccia di olio d’oliva, servita su un piattino, con la tovaglietta sotto, e la pizzica per dirle di fare presto…alla fine piega il tovagliolo con il becco.


Io rispetto la natura dell’animale e una delle azioni che aborrisco è il taglio delle remiganti.
Spesso si ricorre a questo espediente nel caso di pappagallini allevati con la tecnica della ”catena di montaggio” ( nel gozzo del piccolo viene introdotto un sondino, attraverso cui si inietta in pochi secondi la pappa, per poi passare ad un altro soggetto), che vedono l’umano solo per qualche attimo e non ricevono amore. Di solito nei negozi è questo che ci viene offerto. Trattasi di animali che hanno dovuto sopportare numerosi cambiamenti: dall’allevatore vengono venduti “in blocco” ad un intermediario, che li distribuisce in vari negozi, ivi verranno messi invendita ad un prezzo medio di circa 120 E cadauno.
A volte vengono addirittura strappati dal nido a circa 3 settimane e venduti a chi li alleverà “allo stecco”, e allora i passaggi saranno quattro.
Per ovvi motivi, questi piccoli sono spaventati e nervosi, così, per impedir loro di volare via terrorizzati e poter incassare ugualmente la differenza di prezzo tra il pappagallino allevato dai genitori e quello allevato allo stecco, li si priva della possibilità di volare.
Ma allora, dico io, non è meglio comperare un criceto o una tartaruga ? Siamo noi ad alimentare queste crudeltà, acquistando animali mutilati (non solo gli uccelli), pur di vederli arrampicare su per il nostro braccio fino alla spalla come dei topolini. Ma un pappagallino è una creatura alata, il suo volo dà gioia, allegria: è nato per librarsi nell’aria!!!!!

Chi sono le persone che richiedono i Roseicollis allevati a mano? Giovani donne che non hanno ancora figli, signore casalinghe, che trovano in loro un grande stimolo e tanta compagnia, persone anziane (qui possiamo veramente parlare di pet- therapy: infatti un pappino non richiede sforzi e sacrifici ma interagisce e diverte), famiglie con bambini di 7-12 anni, i quali imparano da questi uccellini ad essere responsabili di un’altra vita ed attenti alle altrui esigenze. A volte c’è anche qualche papà che, avendo invano desiderato un uccellino da piccolo, lo prende per i figli per goderselo lui stesso, o qualche nonno che vuole fare un bel dono istruttivo ad un nipotino. Spesso le giovani mamme invece si oppongono, perché pensano che un uccellino possa trasformare la casa in un inferno di semi e piume.
Beh, se si prova ribrezzo per una cacchina di pappagallo, è meglio limitarsi a sfogliare un’enciclopedia degli animali, sono la prima a dirlo. Se si va in paranoia per una matita rosicchiata o un soprammobile che cade, non si è fatti per avere un animale. Come si spostano i soprammobili e gli oggetti pericolosi quando il proprio bimbo comincia a muovere i primi passi, così si deve essere disposti a creare un ambiente sicuro per il pappagallino, che volerà libero almeno per qualche ora. Niente ventilatori accesi, finestre spalancate e prive di zanzariera, pentole scoperte, fumo, deodoranti per ambienti. Le persone che fumano in casa dovrebbero evitare di prendere un uccello.
Insomma, bisogna anche essere disposti a dare per avere.



Molti si lasciano prendere la mano dalla passione e cominciano a collezionare pappagalli di specie e colori diversi. Girando per i mercatini rionali o nei negozi di animali, si impietosiscono davanti all’uccellino arruffato e macilento chiuso in una piccola sudicia gabbia o si innamorano del colore o di qualche altro particolare e lo acquistano senza conoscere i rischi che corrono per sé e per gli altri uccelli, che eventualmente hanno già in casa. Solitamente nei negozi e dai commercianti di animali si trovano soggetti che sono stati a contatto con ogni genere di virus e batteri, hanno ricevuto un’alimentazione incompleta ed inadeguata per chissà quanto tempo, e spesso si tratta degli “scarti” di qualche allevatore, che si disfa degli esemplari che non si riproducono o che hanno qualche difetto comportamentale.

I pappagallini, per la loro natura, vanno preferibilmente acquistati in coppia, a men che non si sia certi di poter dare loro tutta la compagnia e l’affetto di cui necessitano, e non solo per due ore alla sera.

Bisogna vincere il proprio egoismo, che a volte potrebbe spingerci ad acquistare singoli uccelli di specie diverse, per avere una collezione di forme e colori ed appagare il proprio senso estetico o la propria curiosità.
In questi casi può succedere che si formino delle coppie tra uccelli di specie diverse o che scoppino gelosie, antagonismi difficili da gestire e incidenti imprevedibili.
Un conoscente teneva un Diamante di Gould in gabbia con una Roseicollis allevata allo stecco. Sono cresciuti insieme ed andavano d’amore e d’accordo, finchè per la femmina è scattata l’età riproduttiva, e allora in due secondi il piccolo Diamante si è trasformato in un mucchietto di piume in fin di vita….. OOOOOh! Come è pututo accadere? Erano così carini insieme, così dolci! Chi l’avrebbe mai detto?

La “febbre del pappagallo” è una sindrome acuta, ma la maggior parte delle nostre abitazioni non superano i 90-100 metri quadrati, per cui è meglio valutare subito i pro e i contro, prima di riempirsi la casa di uccelli. Bisogna limitare il nostro egoismo ed agire pensando al loro bene.
Alcune signore non resistono a mettere il nido, perché “poverini hanno bisogno di un posticino accogliente in cui ritirarsi”, invece in realtà non vedono l’ora di vedere i pulcini nel nido. Io ripeto invano che “ nido equivale a uova”. Una volta che una femmina depone, difficilmente si arresterà il ciclo e periodicamente deporrà, magari sul fondo della gabbia.

Dal punto di vista tecnico, ci sono diverse “filosofie” dell’allevamento allo stecco. C’è chi toglie il pappagallino dal nido prima che apra gli occhi, per imprintarlo completamente sull’uomo. Un piccolo così allevato riconoscerà nell’uomo il suo compagno e soffrirà tantissimo, se per qualche motivo (una malattia, diversi ritmi di vita, la nascita di un bimbo….) quest’ultimo non potrà più dedicargli le stesse attenzioni. Non avendo condiviso esperienze con i propri simili, qualora si cerchi di ovviare dandogli un compagno, con ogni probabilità non saprà come comportarsi. Non saprà riconoscere segnali di affetto o di agressività, né riuscirà ad accoppiarsi. Insomma, non sarà in grado di comprendere il linguaggio degli Agapornis.

Io ho appurato che, togliendo un pappagallino dal nido a tre settimane di vita, assieme ad almeno un fratellino (sempre per evitare l’imprinting totale su chi lo nutre), si ottiene il risultato migliore: si avrà un uccellino affettuoso, ma anche capace di essere indipendente e di condurre una vita normalissima assieme ad un compagno, producendo uova fecondate e allevando bene i piccoli.
A volte, le femmine alla prima esperienza hanno bisogno di un piccolo aiuto, perché può capitare che facciano un po’ di confusione: ad esempio Ducky ha deposto il suo primo uovo sul fondo della gabbia, nonostante avesse il nido. Poi ha deposto le successive in corrispondenza del foro del nido, con il pericolo di saltarci sopra entrando…insomma ha costruito il nido alla rovescia. Non ho fatto altro che spostare le uova al posto giusto, e poi ha imparato. E’ una bravissima mamma. Ecco Ducky con la sua prima covata:

C’è però da dire che durante il periodo riproduttivo di solito le femmine allevate allo stecco diventano molto aggressive…non lasciano neanche che si guardi nel nido (non è il caso di Ducky, ma Piggy diventa terribile). Non appena i piccoli saranno svezzati, torneranno ad essere dolci come prima.

Appena tolti dal nido, i piccoli hanno bisogno di calore e di 4-5 pasti al giorno ad intervalli regolari, il primo alle 7 e l’ultimo alle 22-23 (ma non di rado sono dovuta accorrere ai loro richiami anche alle 5 di mattina, specie quando sono molto piccoli). La consistenza della pappa deve essere fluida e molto calda all’inizio, per poi diventare gradualmente più densa e tiepida verso il periodo dello svezzamento, attorno alle 6-8 settimane di vita.
Il gozzo deve risultare pieno, senza essere né flaccido né troppo teso.
Bisogna affidarsi alla propria sensibilità, perché ogni soggetto/covata ha esigenze leggermente diverse.
Per nutrire i piccoli si può usare una siringa (senza ago, ovviamente) o un cucchiaino. Io preferisco la siringa. Si usa della carta per cucina o carta igienica per pulire i lati del becco e le dita durante l’operazione e un pentolino pieno di acqua molto calda per scaldare il contenuto della siringa “a bagno Maria”. Se si sporcano la faccia e il gozzo, bisogna lavare subito la zona imbrattata con acqua tiepida, altrimenti la formula si solidificherà e produrrà una crosta difficile da togliere, specie quando inizieranno a crescere le piume. Il pulcino va poi accuratamente asciugato con della carta igienica e riposto al caldo accanto ai fratellini.
Per ogni covata c’è una canzoncina–sigla che sottolinea il pasto. E’ divertente vedere come, non appena la canticchio, i piccoli tutti in coro mi rispondono. Queste 5-6 settimane sono fondamentali per formare il loro “carattere”: affinchè diventino particolarmente affettuosi, bisogna stimolarli e coinvolgerli nelle nostre attività.

Attorno alle 5 settimane di vita si introdurrà nel trasportino una spiga di panico. Ben presto, specie dopo un pasto liquido, verranno assaggiati i primi semini. Gradualmente si comincerà a far assaggiare ai piccoli degli alimenti sani e adatti ai pappagalli. Verso le 8 settimane saranno capaci di mangiare e bere da soli, ma alcuni continueranno a gradire un cucchiaino di formula…il che è positivo, in quanto, se si dovesse in seguito somministrare un farmaco all’uccello, basterà mescolarlo al pastoncino.
Tuttavia, considerato l’impegno richiesto e la possibilità per niente remota di commettere un errore fatale, sconsiglio decisamente le persone inesperte di improvvisarsi allevatori allo stecco, a men che non si tratti di un’emergenza e ci sia una persona fidata disponibile a dare un consiglio in caso di necessità. Dopo un abbondante pasto e il gioco, i piccoli si abbandonano ad un sonno beato. E siccome un ambiente affettuoso stimola l’intelligenza, il pappagallino felice imparerà perfino ad usare il computer….

Miriam Bisiacchi (alex.ziv@tiscalinet.it)
Amministratrice
Mara B.

www.pappagalli.ch
info@pappagalli.ch






[Modificato da pappagalli 15/09/2013 22:03]
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